Ernest Renan: Che cos’è una nazione?

First published on: Fondazione Feltrinelli, Staffetta con la storia

In questo breve saggio Ernest Renan propone un’accorata difesa dell’idea di nazione. Nonostante sia stato pubblicato a fine Ottocento, il tema è tornato di attualità in virtù della recente riscoperta, in vari paesi europei, delle rispettive identità nazionali.
Questa rinascita culturale e politica dell’idea di nazione è per certi versi sorprendente. Dopo la tragedia delle grandi guerre del ventesimo secolo, l’identità nazionale ha smesso di giocare un ruolo di primo piano nel dibattito politico dei paesi europei. In molti hanno dunque pensato che la nazione fosse un residuo ideologico del passato di cui le moderne democrazie non avevano più un grande bisogno. Inaspettatamente tuttavia, le sopite identità nazionali sono state risvegliate dai partiti sovranisti, per diffondersi poi anche in molti partiti tradizionali. È importante dunque rileggere le riflessioni di Renan, per capire come possano illuminare una questione cruciale della politica contemporanea.
Renan intravede nella nazione il “principio spirituale, o l’anima” di un popolo, e la fa dipendere da due fattori. Il primo è ancorato al passato. Si tratta della memoria condivisa della propria storia: l’idea che i nostri antenati hanno affrontato dolorosi sacrifici per realizzare i loro successi. Il secondo elemento che dà forma all’idea di nazione si ritrova invece nel presente, ed è rivolto al futuro. Esso è dato dalla continua volontà di vivere assieme: la disposizione a proseguire la propria storia passata sopportando i costi della vita comune per goderne i benefici. La nazione costituisce dunque una sorta di “coscienza morale”, che è più forte più gli individui sono disposti a sacrificarsi per il vantaggio della comunità.
L’idea di nazione è spesso guardata con sospetto dalla cultura contemporanea per dure ragioni. Da un lato è vista come potenzialmente aggressiva, in quanto spesso la diversità della propria cultura si traduce in percepita superiorità. È noto ad esempio che l’inno nazionale tedesco, nel testo originale composto da Hoffman e rimasto in vigore fino al 1952, iniziasse con le parole “Germania, Germania al di sopra di tutto nel mondo”.
Renan tuttavia sostiene che l’idea di nazione non comporti l’aggressività espansiva solitamente attribuita ai nazionalismi storici. Le nazioni – per Renan – non solo non hanno alcun diritto di annettere un territorio, ma non hanno soprattutto alcun reale interesse a farlo.
La seconda ragione di diffidenza verso l’idea di nazione nasce dal sospetto che sia inospitale per le differenze individuali. La nazione, se basata su un’identità culturale comune, contrasta con l’idea liberale che ogni individuo è diverso da ogni altro e come tale deve essere rispettato. Inoltre, il liberalismo contemporaneo è tendenzialmente multiculturalista, estende cioè il rispetto dovuto a opinioni e preferenze individuali anche alle identità culturali.
Renan anticipa questa critica, ma insiste che l’idea di nazione non è esclusiva. Infatti, essa non si fonda unicamente su una storia comune, da cui identità nuove sarebbero escluse, ma anche e soprattutto sulla condivisione di un progetto futuro, a cui è affidato il compito di delineare i confini e le caratteristiche di una comunità inclusiva di etnie, lingue e costumi differenti.
L’esistenza della nazione è per Renan un elemento positivo – se non addirittura necessario. Essa è però anche un “quotidiano referendum”, poiché può sempre, anche improvvisamente, venire a mancare. È lecito dunque preoccuparsi della capacità dei paesi contemporanei di manifestare una reale unità nazionale. La ragione non è da ricercare però, come pensano alcuni, nella crescente diversità culturale, bensì nella sempre più diffusa insofferenza individuale ad accettare anche i più piccoli sacrifici richiesti dalla vita comune.

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